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Riprodurre il cardellino fino a non molti anni fa era un impresa a dir poco ardua. Oggi, grazie alla disponibilità sul mercato di una vasta gamma di prodotti (pastoni per indigeni, insetti bolliti e surgelati, ecc.), ma soprattutto la possibilità di lavorare con soggetti nati in cattività, rendono il tutto molto più agevole.
Infatti, benché sia preferibile avere almeno un minimo di esperienza in campo ornitologico, se ci si attiene a delle semplici regole unite ad un minimo di sensibilità e di buonsenso le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare.
Ecco di seguito alcuni consigli per chi intende iniziare ad allevare questo bellissimo carduelide:
La preparazione dei riproduttori riveste un importanza fondamentale. I soggetti vanno abituati gradatamente a nutrirsi di quegli alimenti che ci proponiamo di impiegare durante l’allevamento. Man mano che il fotoperiodo, per effetto delle luci artificiali, o dell’avvicinarsi della primavera, aumenta si dovranno incominciare a somministrare i semi germinati con cadenza settimanale, che verrà aumentata man mano fino a divenire la giornaliera. Allo stesso modo dovrà essere aumentata la quota proteica, mediante somministrazione di alimenti quali il pastone, le larve di insetti, oppure l’uovo. L’aumentata disponibilità alimentare (unitamente all’aumento delle ore di luce e della temperatura) indurrà negli uccelli il raggiungimento della forma amorosa. Tale procedimento riveste un importanza essenziale per entrambi i sessi. Anche i maschi, infatti, necessitano di una accurata preparazione in vista del periodo riproduttivo, senza la quale rischiano di non raggiungere una perfetta forma amorosa.
Infatti, benché sia preferibile avere almeno un minimo di esperienza in campo ornitologico, se ci si attiene a delle semplici regole unite ad un minimo di sensibilità e di buonsenso le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare.
Ecco di seguito alcuni consigli per chi intende iniziare ad allevare questo bellissimo carduelide:
La preparazione dei riproduttori riveste un importanza fondamentale. I soggetti vanno abituati gradatamente a nutrirsi di quegli alimenti che ci proponiamo di impiegare durante l’allevamento. Man mano che il fotoperiodo, per effetto delle luci artificiali, o dell’avvicinarsi della primavera, aumenta si dovranno incominciare a somministrare i semi germinati con cadenza settimanale, che verrà aumentata man mano fino a divenire la giornaliera. Allo stesso modo dovrà essere aumentata la quota proteica, mediante somministrazione di alimenti quali il pastone, le larve di insetti, oppure l’uovo. L’aumentata disponibilità alimentare (unitamente all’aumento delle ore di luce e della temperatura) indurrà negli uccelli il raggiungimento della forma amorosa. Tale procedimento riveste un importanza essenziale per entrambi i sessi. Anche i maschi, infatti, necessitano di una accurata preparazione in vista del periodo riproduttivo, senza la quale rischiano di non raggiungere una perfetta forma amorosa.
Le gabbie da cova
Non dovrebbero essere di misura inferiore ai 90 cm allo scopo di non costringere i riproduttori in uno spazio troppo esiguo che poco si presterebbe alle baruffe del corteggiamento ed all’involo dei novelli. Sarebbe buona norma posizionarle quanto più in alto sia possibile, allo scopo di far sentire le femmine più sicure a tutto vantaggio della nidificazione. Un ottimo espediente consiste nell’infrascare i nidi in modo da garantire una maggiore tranquillità alla cardellina durante la cova e l’allevamento dei nidiacei. Particolarmente indicati sono i rametti degli alberi di Natale finti, le piante ornamentali di plastica oppure della semplice rete verde sempre in plastica del tipo usato per proteggere le piante di agrumi. Sarà sufficiente attaccare il materiale alle sbarre in modo da coprire interamente la zona dove intendiamo porre il portanido, avendo cura di schermare parzialmente anche la zona superiore. Questi materiali sono pressoché indistruttibili, quindi si prestano ad essere riutilizzati, previo accurato lavaggio, per vari anni. Come materiale useremo della iuta, e dell’ovatta vegetale. I fortunati che abitano in campagna possono raccogliere della lanugine di pioppo, che in genere induce nelle femmine una vera e propria frenesia nidificatoria…
La formazione delle coppie
E' un momento particolarmente delicato. Le strategie sono fondamentalmente due. La prima consiste nel lasciare che la coppia sverni insieme. Questo sistema consente che tra i due si crei un buon affiatamento. Il rovescio della medaglia consiste nel fatto che spesso, la femmina in particolare non accetterà altri maschi che quello che ha imparato a conoscere, per cui se il maschio dovesse morire o decidessimo di sostituirlo con un altro si correrebbe il rischio di scondizionare irrimediabilmente la compagna. L’alternativa è mantenere i sessi separati fino a che non incomincino a dare chiari segni di essere pronti per l’accoppiamento, i maschi con il canto forte e ripetuto, le femmine effettuando la cosiddetta ruota e svolazzando per la gabbia. A questo punto potremo tentare di formare le coppie facendo uso per qualche giorno di un divisorio, in modo da impedire che i due litighino troppo. Accertato il reciproco gradimento, potranno essere uniti. Con questo sistema avremo il vantaggio di poter decidere gli accoppiamenti con più tranquillità ed apportare le eventuali (quanto immancabili) variazioni dell’ultimo minuto senza incontrare grandi difficoltà.
La deposizione e la cova delle uova
In genere non presentano grandi difficoltà anche se talvolta, specie le femmine giovani possono dare qualche problema, tipo deposizione fuori dal nido o rifiuto di covare. Nel primo caso conviene abbassare i posatoi il più possibile e tentare di recuperare le uova grazie ad uno strato di gommapiuma o uno straccio disposto sul fondo da cui avremo rimosso le griglie. In questo modo il danno che le uova deposte dal posatoi subiranno sarà ridotto al minimo e potranno essere affidate ad una balia. Se invece la cardellina, che normalmente inizia a covare dal terzo uovo in poi, non dovesse mostrare alcuna intenzione in tal senso, conviene lasciare comunque delle uova di plastica per qualche giorno nel nido e dare a balia quelle vere. Non di rado qualche femmina inizia a covare dopo qualche giorno dalla fine della deposizione a causa di un ritardo nella formazione delle placche di incubazione. Se invece tutto procede per il meglio, la cardellina inizierà a covare assiduamente uscendo dal nido solo per nutrirsi. Per tutta la durata della cova l’alimentazione dovrà essere leggera ed abbastanza spartana. In pratica composta dai soli semi, in modo da non sovraccaricare l’apparato digerente. Le verdure vanno abolite così come i cibi proteici. Il maschio, una volta operata la sostituzione delle uova, andrebbe separato e posto in una gabbietta attigua dove la compagna possa vederlo, in modo che non decida di abbandonare la cova. Trascorsi 5 o 6 giorni potremo allontanarlo per impiegarlo con altre femmine oppure lasciarlo dove si trova per valutare di ricongiungerlo quando i pullus avranno 7-8 giorni. Alcuni maschi si comportano in modo irreprensibile, imbeccando la femmina in cova ed i pulcini fino allo svezzamento. Tuttavia l’ambiente ristretto della gabbia spesso induce nel maschio comportamenti anomali, che variano dalle continue molestie alla femmina fino alla rottura delle uova e persino l’uccisione dei piccoli appena nati. Per questo motivo in genere uso separarli appena terminata la deposizione, per rimetterli quando i piccoli hanno una settimana circa. Se dopo attenta osservazione non riscontro comportamenti aggressivi valuto di lasciarli nella gabbia da riproduzione. La presenza del maschio, quando decide di collaborare, consente una seconda nidificazione in un arco di tempo notevolmente più breve. Infatti con il maschio che provvede allo svezzamento dei novelli, la femmina può dedicarsi senz’altro ad una seconda covata. Attenzione però a separare il padre insieme ai giovani che altrimenti potrebbero imbrattare di feci il nuovo nido e le uova. Nel caso in cui la cura dei giovani sia affidata alla sola femmina bisognerà rimuovere il vecchio nido e non fornire materiale per il nuovo in modo da non stimolarla ad una seconda cova. Dopo circa 25-30 giorni dalla nascita i piccoli inizieranno a mangiare da soli e potremo consentirle di dare l’avvio ad una seconda cova.
I nidiacei di cardellino
Nascono dopo tredici giorni di incubazione. Durante i primissimi giorni di vita è bene disturbare la madre il meno possibile, salvo una visita giornaliera per valutare lo stato di salute dei piccoli. Se all’ispezione il giorno seguente la nascita si presenteranno floridi e vitali vorrà dire che tutto procede per il meglio. Se al contrario appariranno disidratati e deboli occorrerà valutarne lo spostamento sotto una balia.
In concomitanza con la schiusa forniremo alla madre tutti quegli alimenti ad alto valore nutritivo che avevamo smesso di somministrare durante la cova, onde stimolarla a nutrirsi ed imbeccare la prole. Normalmente, dopo giorni di “privazioni” la femmina si mostrerà famelica e non tarderà ad alimentare i piccoli. Personalmente già dal secondo-terzo giorno di vita sono solito fornire piccole quantità di foglie di cicoria (non più di mezza foglia ), che verrà aumentata nei giorni successivi ad una foglia al giorno. In genere le cardelline, se in perfetta salute, si rivelano delle ottime madri allevando senza problemi fino a cinque piccoli per covata.
In concomitanza con la schiusa forniremo alla madre tutti quegli alimenti ad alto valore nutritivo che avevamo smesso di somministrare durante la cova, onde stimolarla a nutrirsi ed imbeccare la prole. Normalmente, dopo giorni di “privazioni” la femmina si mostrerà famelica e non tarderà ad alimentare i piccoli. Personalmente già dal secondo-terzo giorno di vita sono solito fornire piccole quantità di foglie di cicoria (non più di mezza foglia ), che verrà aumentata nei giorni successivi ad una foglia al giorno. In genere le cardelline, se in perfetta salute, si rivelano delle ottime madri allevando senza problemi fino a cinque piccoli per covata.